Dopo tre anni intensi alla Maliosa ho avuto, grazie ad una fondamentale condivisione di Antonella Manuli, l’opportunità di una stimolante rivisitazione della mia conoscenza ed esperienza scientifico-agronomica che non avrei mai più pensato di poter ancora affrontare.
Dopo un consueto iniziale approccio da formazione professionale ed esperienza prolungata, man mano ho maturato in loco un’applicazione che non mi sarei aspettato così poliedrica. Appena giunto, mi aveva colpito il disegno paesaggistico ambientale “d’altri tempi”: il bosco, la presenza di animali selvatici, gli spazi agrari limitati e anche situazioni speciali come i terreni derivanti da un’agricoltura che risale all’epoca romana e ancor prima agli etruschi. E’ evidente che con tali premesse la scelta aziendale poteva solo essere quella di rispettare, tutelare, valorizzare la straordinaria antica eredità di tali ambienti, che possiamo anche definire come rari esempi di archeologia agricola e vitivinicola. L’abbiamo sentito anche come un doveroso omaggio alla storia a fronte di una viticoltura che è ormai concepita e realizzata sempre più come una qualsiasi grande coltivazione agroindustriale. I luoghi della Maliosa, invece, ci impongono di produrre delle preziosità.
Fin da tempi remoti dell’agricoltura, gli animali hanno avuto un ruolo basilare sia come strumento di lavoro e di riproduzione, che come alimentazione e produzione del letame, il fertilizzante che ha permesso la coltivazione di molti terreni e l’ottenimento di raccolti abbondanti. Si è sviluppata l’agricoltura attraverso le buone rotazioni e l’alternanza tra colture ‘miglioratrici’, amanti del letame e colture ‘sfruttanti’, ovvero aventi meno necessità del fertilizzante. Il letame, ben governato, svolgeva soprattutto la funzione della struttura del terreno e pronta disponibilità dell’azoto, conferendo vigoria delle colture; anche nel vigneto tali effetti sono ancora evidenti nel vigore vegetativo, nelle produzioni considerevoli (grappoli ed acini più grandi), nella maggiore sensibilità alle patologie e nella inferiore qualità del vino. Oggi possiamo dire che il letame curato non esiste più e quasi tutti gli allevamenti hanno una gestione senza paglia che conduce alla produzione di liquami conservati in piscine aziendali maleodoranti.
Alla Maliosa dopo ripetute valutazioni sono arrivato all’evidenza che la migliore scelta per gli impianti di vigneto fossero i luoghi con la massima ed unica attitudine a vigneto. Questo significa terreni poveri e con presenza di sassi, esposizioni solari favorevoli e grande pregio paesaggistico. La possibilità di avere in azienda praticamente tutte le risorse agricole necessarie mi ha portato a maturare il progetto “totalmente vegetale” per conseguire il massimo beneficio nell’ambito delle produzioni di vigneti ed uliveti. Tutto questo ha anche un significato economicamente ottimale attraverso l’utilizzo di risorse semplici e rinnovabili. Il bilancio energetico di queste strategie è enormemente più positivo se paragonato ad interventi con materiale organico di origine animale (letame e consimili) per i quali occorre un investimento ed un ciclo produttivo estremamente costoso, dispendioso e anche meno efficace.
Abbiamo sperimentato che, in tali ambienti, non è il ricorso a dissodamenti importanti del terreno che porta benefici, né la realizzazione di semine o l’impiego di compost animali di varia natura ma la sua copertura superficiale con vegetali (fieno, paglie, cascami e fogliame): gli effetti sono stati spettacolari perché si è riattivata la vita biologica, si è realizzata una migliore funzionalità nella disponibilità dell’acqua e degli elementi nutritivi e si sono ottenute produzioni con caratteristiche in piena sintonia con il luogo.
Non servono inutili dispendi energetici: l’obiettivo è raggiunto nella misura in cui riusciamo ad avvicinarci alla ‘terra del sottobosco’, la vera fertilità nell’espressione completa per efficacia e risorsa rinnovabile in loco.
Ritornando al vigneto, dobbiamo pensarlo anche come una massa ‘boschiva’ con alcune differenze: più limitata produzione e rilascio sul terreno residui vegetali (foglie, tralci ), più capacità di ospitare molte specie erbacee per una biomassa di un certo valore. Per questi motivi, è spesso fondamentale apportare ancora altro materiale vegetale, con le funzioni di difesa del terreno dalle piogge (contenere erosione e far riserve) e dagli eccessi solari (conservazione struttura e disponibilità dell’acqua).
Naturalmente il pacciame vegetale rappresenta una situazione dinamica di evoluzione producendo effetti a catena sulla vita biologica del terreno che si traduce in risposte positive per la pianta ed i suoi frutti. In particolare si assiste sempre ad un effetto graduale sulla crescita vegetativa, le patologie sono meno frequenti ed importanti, i grappoli più regolari, gli acini più robusti.
Nel tempo vorrei che i vini della Maliosa potessero esprimere sempre più il ‘sapore’ vero di luoghi e vitigni cosi naturali ed antichi anche attraverso la ricerca di eleganze e finezze. La naturale variabilità che l’andamento stagionale impone va interpretato ed accettato come un valore, poiché fedele testimone del periodo storico.
Naturalmente noi ci avviciniamo a questo ambizioso traguardo che sappiamo trattarsi della strada maestra e necessaria. Soprattutto per la massima naturalità delle produzioni e capacità di continuare a produrre nella conservazione e il miglioramento delle funzionalità del terreno che non vengono mai abbastanza considerate.
Credo che questa straordinaria esperienza che sto conducendo possa trovare degli spazi anche educativi per stimolare la formazione agronomica verso degli obiettivi migliori per la qualità del prodotto, la salubrità dell’ambiente e di chi ci vive e lavora, l’economia dell’azienda agricola e la sua sostenibilità economica nel tempo.